Lo scultore

di Fernando Arrabal
Che fai, scultore, perduto nelle gallerie d’arte?
Ti faranno marcire, sarai castrato, digerito.
Barbaro e analfabeta, se non stai all’erta
ti trasformeranno in un cittadino illustre.
Ieri hanno esposto Van Gogh,
l’altro ieri pubblicato Rimbaud, la sera
messo in scena Artaud,
oggi è il tuo turno.
Sarà tragico vedere come bava,
piscio e merda coleranno sul tuo corpo.
- Facciamo attenzione: non si dica
che è stato un calzolaio.
- D’accordo, signore,
lo scultore ha vissuto in un castello,
si svegliava al suono dei violini,
stuzzicava le serve e può spiegare,
grazie allo strutturalismo,
le sue sculture.
Quando Van Gogh si strappava l’orecchio,
Rimbaud riceveva dal suo amante
alcuni colpi di rivoltella e la testa di Artaud esplodeva
sotto l’effetto degli elettroshock
tu, scultore, a colpi di martello
forgiavi dalle viscere della terra un’opera che sapeva
di merda, sperma e vita.
Nella galleria d’arte
le tue gigantesche sculture di legno
esaleranno un’essenza squisita.
No, tu
non ti svegliavi al suono dei violini
ma vivevi nel buio di una Spagna,
dove gli sgherri di Franco assassinavano un milione
di disgraziati
e fra questi García Lorca, con un colpo di grazia,
nel culo.
Com’è nauseabondo
questo mondo di
premières e vernissages
in cui noi artisti,
come tori scontrosi trascinati da buoi,
siamo condotti al mattatoio.
Questo mondo oggi s’abbatte su di te come
un uragano
per incularti, venderti
e alla fine assassinarti.

Ti compreranno.
Compreranno tutto di te: i tuoi quadri, le tue sculture,
le tue incisioni, i tuoi abbozzi, il tuo respiro,
la tua anima.
Ah, possedessero l’orecchio insanguinato di Van Gogh
lo venderebbero all’asta!
Potrai perfino cagare al centro di una galleria d’arte,
ma quelli, spinti dall’odio, venderanno la tua merda
incollandovi sopra un’etichetta:
happening.
E se mollerai alcuni ceffoni in pieno volto
a quegli onorevoli mercanti
del tempio della cultura
allora sarai battezzato sadico
e ti costringeranno a saltare dentro il cerchio
dell’erotismo da quattro soldi buono per gli impotenti.
Raccatteranno tutto di te,
e alla fine
ti colonizzeranno
e con il tuo corpo e la tua anima si regaleranno un banchetto.

Salvati, fuggi verso le montagne
o su un’isola,
vattene a costruire cattedrali,
è quello il tuo mestiere,
vattene a fabbricare armadi per orchi,
a sollevare pianeti, a bestemmiare di fronte al mare.
Abbandona questo marcio mondo e le sue vanità.

(giugno 1968)

Da F. Arrabal,
Humbles paradis, Christian Bourgois, Paris 1985
(traduzione di Massimo Rizzante, 2007)

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