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Răzvan Rădulescu, Teodosio il Piccolo

Teodosio il Piccolo
di Răzvan Rădulescu
2017, Mimesis


Traduzione di Raffaella Tuan
In un regno immaginario il Gattocane Gabriele, Tutore Plenipotenziario del Principe Ereditario, vigila affinché il trono spetti di diritto al suo legittimo beneficiario: Teodosio, un bambino. Ma il piccolo principe è minacciato dal bellicoso Otto, costruttore di complicate macchine da guerra nel suo castello nel nord del regno e dal perfido Olivio.


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Gabriela Babnik, La stagione secca

La stagione secca
di Gabriela Babnik
2017, Mimesis


Traduzione di Michele Obit
Nel Continente Nero tutto può succedere. Anna, una donna di 62 anni proveniente da un piccolo Paese del Centro Europa incontra per strada Ismael, un ragazzo burkinabé dal corpo divino, e decide di condividere con lui un’esperienza amorosa fatta di carne, desolazione, solitudine e incanto.


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Faruk Šehić, Il mio fiume

Il mio fiume
di Faruk Šehić
2017, Mimesis


Traduzione di Elvira Mujćić
Essere di nuovo intero, ricucire gli stralci del tempo e dello spazio spezzati dalla guerra per trovare una continuità e superare il proprio trauma è ciò che Mustafa Huser, poeta e soldato, si propone di fare. Nasce così un labirinto onirico che si dipana su tre tempi diversi: quello dell’innocenza, l’infanzia e la giovinezza in un paesino bosniaco sulle rive del fiume Una, dove il protagonista vive immerso nell’idillio della natura, innamorato del fiume, dei suoi abitanti reali o immaginari, della sua vegetazione rigogliosa e dei cicli vitali che detta inesorabilmente.


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Walter Nardon, L'illusione e l'evidenza

L'illusione e l'evidenza
Saggi sull'avventura romanzesca

di Walter Nardon
2016, Mimesis
Venuto in piena luce in epoca moderna, il romanzo rappresenta da quasi cinque secoli la forma privilegiata della narrativa occidentale, adatta a ogni esigenza, che estende il suo dominio su un territorio dai confini elastici, dall’avventura più incredibile al racconto serio del quotidiano. Cosa racconta, davvero, un romanzo? Qual è la realtà che mette in gioco? L’illusione è data dall’avventura, o dalla realtà che questa definisce? La realtà è evidente, chiara e distinta, o non è invece confusa, in perenne divenire, mentre evidente è solo la forma narrativa che la mette in luce? Questo libro tenta di rispondere ad alcuni dei maggiori interrogativi del romanzo soffermandosi sui vari elementi che lo costituiscono: la voce narrante, l’intonazione del racconto, la trama, il rapporto tra finzione e documento, quello fra prosa e poesia, il nesso tra romanzo e formazione.


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Piotr Pazinski, La pensione

La pensione
di Piotr Pazinski
2016, Mimesis


Traduzione di Alessandro Amenta
Tornato nella pensione fuori Varsavia dove, da bambino, trascorreva le vacanze insieme alla nonna, un ragazzo ripercorre la storia della propria famiglia e quella degli ebrei polacchi sopravvissuti alla Shoah. Gli incontri con i vecchi ospiti della pensione, luogo dei ricordi immerso in un’atmosfera onirica, diventano un viaggio nella memoria dal quale riaffiorano i fantasmi del passato.


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Lada Žigo, Roulette

Roulette
di Lada Žigo
2016, Mimesis


Traduzione di Elisa Copetti
Ante, un veterano della guerra dei Balcani degli anni Novanta, è un giocatore d’azzardo compulsivo che cerca rifugio nelle sale da gioco di Zagabria. Ha perduto tutto: denari, famiglia, ideali, amicizie. Vive di risentimento e di solitudine in una società in cui capitalismo e nazionalismo la fanno da padroni. Giunto a un punto di non ritorno e ormai in cura psichiatrica, decide di lasciare ai numeri della roulette il governo del suo destino.


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Laurence Plazenet, Solo amore

Solo l'amore
di Laurence Plazenet
2016, Mimesis


Traduzione di Simona Carretta
Nella Francia del XVII secolo, si compie l'esistenza di Mademoiselle d'Albrecht. Orfana di madre, trascurata da un padre completamente rinchiuso nel dolore per il lutto, Louise-Catherine d'Albrecht trascorre i suoi primi quindici anni confortata dalla sola compagnia delle dame di servitù e dei suoi amati libri. In questa solitudine, l'incontro con il signor Ramón, l'istitutore a cui viene affidata, è una «folgorazione»: la passione che Mademoiselle d'Albrecht scopre di provare verso Ramón è il risvolto concreto della sete assoluta di conoscenza e di elevazione che pervade da sempre la giovane.


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Nataša Kramberger,Niente di nero in vista

Niente di nero in vista
Un romanzo fatto di storie
di Nataša Kramberger
2016, Mimesis


Traduzione di Michele Obit
Esistono le famiglie che ci affidano al mondo e quelle che il mondo ci affida, strada facendo. Amsterdam, ore tre. Un incontro perfetto è come trovare casa. Chi lo sa meglio di Jana e Bepi, i due protagonisti che danno vita ad una favola urbana dai mille incontri. Lasciare casa per ritrovarsi in famiglia? Basta seguire un fiume, una bici, un pesce…


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Juan Goytisolo, Esiliato di qua e di là

Le vite del romanzo
di Thomas G. Pavel
2015, Mimesis


A cura e con una postfazione di Massimo Rizzante
Traduzione di Daria Biagi e Carlo Tirinanzi de Medici
Le vite del romanzo. Una storia di Thomas G. Pavel, studioso fra i più affermati nel panorama internazionale degli studi letterari, esce finalmente anche in Italia. Si tratta di una versione aggiornata e arricchita di un libro, La Pensée du roman, che in Francia, ormai più di dieci anni fa, rappresentò un vero evento critico letterario e che negli Stati Uniti dal 2013, quando è uscita l'edizione inglese, ha ricevuto molti riconoscimenti prestigiosi: vincitore del premio dell'International Society for the Study of Narrative nel 2013 e del Barbara Perkins and George Perkins Prize nel 2015. Secondo moltissimi studiosi di ieri e di oggi, romanzi come Le Etiopiche, Amadigi di Gaula o L'Astrea, legati meno ai dettagli empirici della condizione umana e più agli ideali che questa persegue, rappresenterebbero uno stato imperfetto del romanzo, felicemente corretto e rivisto dal realismo del Settecento e dell'Ottocento. Pavel, invece, in questo libro, constatando il persistere dell'idealismo nel corso dell'intera storia del romanzo – una storia che inizia molto prima di Defoe, ma anche di Cervantes e Rabelais – mostra, attraverso una straordinaria vastità di esempi, che il motore di tale storia è «il dialogo secolare tra la rappresentazione idealizzata dell'esistenza umana e quella della diffi coltà di misurarsi con questo ideale».


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Juan Goytisolo, Esiliato di qua e di là

Il secondo Calvino
Un discorso sul metodo

di Domenico Calcaterra
2014, Mimesis


Prefazione di Alessandro Zaccuri
Il saggio approfondisce le ragioni di quello che si è voluto battezzare il «secondo Calvino»: dalla rivoluzione immaginativa delle storie cosmicomiche ai raccontini palomariani; passando per le opere di stampo più combinatorio degli anni Settanta (Le città invisibili, Il castello dei destini incrociati, Se una notte d'inverno un viaggiatore). Quel Calvino convinto assertore di una letteratura cosmica, entro una visione meno angusta, per forza di cose sovrastorica e antiantropocentrica, della realtà. L'auspicato ritorno a una filosofia della natura, favorita dal virtuoso incontro con la scienza. Così, oltre al Calvino di un solo romanzo, l'esordio del Sentiero dei nidi di ragno (1947), oltre all'autore dalla levità e dall'estro ariosteschi della trilogia dei Nostri antenati (1960), oltre al Calvino letto sui libri di scuola delle peregrinazioni in città di Marcovaldo (1963), esiste un secondo Calvino appunto, frettolosamente rubricato come combinatorio e postmoderno, e che è invece scrittore, profondo, della natura e della memoria.


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Alberto Cantoni, Humour classico e moderno

Humour classico e moderno
di Alberto Cantoni
2013, Quodlibet


Con un saggio di Massimo Rizzante
e
Un critico fantastico di Luigi Pirandello

A cura di Elena Frontaloni
Humour classico e moderno, opera fino ad oggi quasi dimenticata di Alberto Cantoni, è una raccolta di «grotteschi», testi brevi a schema libero dove concetti e personaggi cari all'autore prendono la scena, dentro «congegni umoristici» insieme di piacevole lettura e di notevole impegno teorico: il dialogo fra l'humour moderno, un ometto basso e insicuro, e il ben più tonico e vigoroso umorismo antico; le contrattazioni per un bacio fra bambini già esperti tanto di desideri quanto di recite sociali; la vicenda di un solitario scontroso e nevrotico che incontra un cattivo raccontatore di storie in compagnia del suo cavallo.

In questa nuova edizione i testi di
Humour classico e moderno, uscito nel 1889, sono accompagnati da un saggio di Massimo Rizzante, poeta, saggista e traduttore, l'ultimo a riscoprire Cantoni e a rivendicare l'eccezionale modernità della sua vena umoristica, tra le più criticamente attrezzate e felici della nostra letteratura. In appendice viene proposto un profilo di Cantoni scritto da Luigi Pirandello, che per primo ammirò l'arte dell'autore e vi riconobbe la migliore traduzione della teoria dell'umorismo.


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François Ricard, L'ultimo pomeriggio di Agnes

L'ultimo pomeriggio di Agnes
Saggio sull'opera di Milan Kundera

di François Ricard
2012, Mimesis

Traduzione di Paola Vallerga
Agnes è la protagonista de L'immortalità. C'è un momento dell'opera in cui Agnes, dopo aver passato due giorni in Svizzera, decide di tornare a Parigi. Prima di mettersi in auto, si attarda qualche ora a contemplare le montangne. La sera morirà in un incidente stradale. Seguendo lo svolgimento dell'ultimo pomeriggio di Agnes, il critico compie una straordinaria lettura dell'intera opera romanzesca di Milan Kundera, dallo Scherzo all'Ignoranza. François Ricard traccia una linea di confine tra il "romanzo della lotta" di matrice romantica e il "romanzo dell'esilio" che dai personaggi kafkiani, presi in un universo la cui forza sovrastante rende ogni loro lotta priva di senso, giunge a quelli kunderiani, che, negando la loro condizione di eroi, desolidarizzano perfino con il genere umano; analizza la ricchezza epica e musicale dei motivi e dei temi dell'opera kunderiana che formano, al di là di ogni cesura linguistica, un solo e unico paesaggio; illumina la loro scoperta di territori inesplorati dell'esistenza; si confronta con la loro onnipresente sfida formale – il testamento che il romanziere non ha mai inteso tradire. Il libro di François Ricard su Milan Kundera non è soltanto il più importante contributo del migliore dei suoi interpreti, ma il resoconto inatteso di un'esperienza estetica, una lettura interiore che, riannodandosi con la grande tradizione del saggio, considera l'opera non come un "oggetto" da spiegare ma come un "luogo" in cui meditare.


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Scuola del mondo, Quodlibet

Scuola del mondo
Nove saggi sul romanzo del xx secolo

AA.VV.
2012, Quodlibet

A cura e con un saggio introduttivo di Massimo Rizzante
Se la storia e la teoria della letteratura diventano sempre più nemiche dell'arte del romanzo, solo i romanzieri possono dire qualcosa di interessante sulla loro arte. Da questa realtà che da anni si consuma tra il gergo universitario con i suoi dibattiti tra specialisti, che pensano che l'arte sia qualcosa di troppo serio per i lettori e gli slogan delle pagine letterarie dei giornali, che si genuflettono rispettosamente alle mode e ai diktat del mercato editoriale, trae spunto l'idea di raccogliere nove saggi letterari scritti a diverse latitudini. La storia del romanzo è sovranazionale e così dovrebbe esserlo la critica letteraria. Dalla Francia di Taillandier e Scarpetta alla Spagna di Goytisolo, dall'America Latina di Fuentes all'Italia di Affinati e Moresco, dalla Grecia di Proguidis al mondo anglossassone di James Wood e al Canadà anglofrancofono di François Ricard, i diversi saggi riflettono ciascuno su un'opera di un grande romanziere del xx secolo, da Kafka a Musil, da Hemingway a Svevo, da Faulkner a Kundera. Baudelaire, all'inizio della nostra modernità, ha affermato che «quanto più la critica è personale tanto più è universale». C'è da aggiungere altro? Forse questo: la sopravvivenza delle opere d'arte dipende dalla nostra capacità di non spezzare il legame famigliare, perfino organico, che ci lega a loro. Se rinunciamo a pensare in modo libero il senso, la qualità e la novità formale delle opere, di quelle presenti come di quelle passate, esse precipiteranno ben presto al rango di décor, di ornamento, destinato a documentare un'epoca storica, ma non a rivelarla.


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Miguel Torga, L'universale è il locale meno i muri

L'universale è il locale meno i muri
di Miguel Torga
2011, Murene

Traduzione e cura di Massimo Rizzante
Introduzione di Charles Juliet
Miguel Torga (pseudonimo di Adolfo Correia da Rocha), uno dei più grandi autori portoghesi del XX secolo, era nato il 12 agosto del 1907 a São Martinho de Anta ‒ nella regione di Trás-os-Montes ‒ e morì a Coimbra il 17 gennaio del 1995. Laureato in medicina, esercitò la professione di medico condotto fino alla fine dei suoi giorni. Collaboratore della rivista modernista «Presença» (1929-1930) e direttore delle riviste «Sinal» (1930) e «Manifesto» (1936-1938), candidato al premio Nobel, Premio Camões nel 1989, per tutta la vita, in segno di totale autonomia, ha pubblicato in proprio le sue opere.

Torga, nel testo che qui si presenta, mentre esprime tutto il suo amore per il Portogallo e la regione da cui proviene (il suo sentire tellurico), non rinuncia né al suo Iberismo né alla sua concezione polifonica e universale della cultura. Nessun folklorismo, perciò, ma senso delle tradizioni materiali di ogni singolo popolo e di ogni singola terra, anche la più povera.



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La poesia della prosa
2011, Università degli Studi Trento

A cura di Massimo Rizzante, Walter Nardon, Stefano Zangrando
Gli interventi qui raccolti (Lakis Proguidis, Andrea lnglese, Michael Krüger, Franco Stelzer, Walter Nardon, Stefano Zangrando, Miguel Gallego Roca, Giuseppe Montesano), sebbene analizzino autori e opere molto diversi, sono accomunati dalla consapevolezza che dopo l'epoca romantica, nello stesso momento storico in cui per la poesia si biforcano i sentieri inaugurati da Baudelaire (petits poèmes en prose) e Mallarmé (arcipoesia), anche il romanzo può essere concepito come poesia. La poesia del romanzo non consiste tanto nella liricizzazione della prosa o nell'enfasi posta sull'aspetto linguistico dell'opera romanzesca, quanto nella densità semantica legata all'idea che ogni parola in prosa assume lo stesso valore che in poesia, cosa che permette di rinnovare concettualmente alcune categorie narrative come, ad esempio, quelle di dettaglio, motivo, tema, stile e composizione.



Al di là del genere
2010, Università degli Studi Trento

A cura di Massimo Rizzante, Walter Nardon, Stefano Zangrando
Il volume Al di là del genere raccoglie gli interventi che si sono tenuti tra l'autunno del 2007 e la primavera del 2008 nel quadro del Seminario lnternazionale sul Romanzo (SIR) svoltosi presso il Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Filologici dell"Università degli Studi di Trento. Dopo la prima edizione, conclusasi nel 2008 con la pubblicazione in questa stessa collana del volume Finzione e documento nel romanzo, la seconda edizione del SIR, che ha visto la partecipazione di romanzieri, uomini di teatro, scrittori, saggisti italiani e stranieri quali Fernando Arrabal, Keith Botsford, Marek Bieńczyk, Dubravka Ugrešić, Benoît Duteurtre, Ermanno Cavazzoni, e l'organizzazione di un simposio in onore di Milan Kundera (con proiezioni cinematografiche tratte dalle sue opere e la messa in scena della sua pièce teatrale Jacques e il suo padrone), ha ruotato intorno a una domanda: è possibile tracciare i confini dell'arte del romanzo? Ciò che ha orientato il Seminario è stata la volontà di esplorare le relazioni tra il romanzo e le altre arti, in particolare, il teatro, la musica, il saggio, il racconto, la narrazione orale, il cinema, tenendo tuttavia ben presente l'idea che il romanzo moderno è un'arte con una sua data di nascita, una sua storia, una sua autonomia estetica e un suo modo specifico di conoscere il mondo. La sfida, perciò, è stata quella di cercare di comprendere e di segnare la frontiera delle diverse arti, piuttosto che soccombere all'ideale, oggi tanto in voga quanto illusorio, della loro contaminazione.

Roland Barthes, La preparazione del romanzo

La preparazione del romanzo Corsi (I e II)
e seminari al Collège de France
(1978-1979 e 1979-1980)

di Roland Barthes
2010, Mimesis

Introduzione, traduzione e cura di Emiliana Galiani e Julia Ponzio
La preparazione del romanzo contiene gli ultimi due corsi tenuti da Barthes al Collège de France: l'ultima lezione del secondo corso risale a pochi giorni prima della sua morte. A queste lezioni perciò potrebbe essere attribuito un carattere conclusivo nella biografia intellettuale di Roland Barthes. Invece, esattamente a tale carattere di messaggio conclusivo esse si sottraggono: non sono affatto riassuntive di una carriera intellettuale, ma, al contrario, pongono un progetto nuovo, sono una preparazione: la preparazione del romanzo. Arrivati a un certo punto della propria vita, afferma Barthes, nell'introduzione al primo corso, giunti "nel mezzo del cammin di nostra vita" ci si trova in quel momento complesso in cui si scontrano il desiderio di afferrare il tempo che corre e l'incubo di essere condannati alla ripetizione del già vissuto e del già detto, come se il tempo che resta non potesse aggiungere nulla a ciò che si è già vissuto. Barthes si chiede come sia possibile, in questa situazione, "arrivare vivi alla morte", come sia possibile realizzare quella che, ancora con Dante, egli chiama una "vita nova" e "seguire l'Opera dal suo progetto al suo compimento: altrimenti detto, dal Volere-Scrivere al Potere-Scrivere, dal desiderio di Scrivere al fatto di Scrivere".


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Hermann Broch, I sonnambuli

I sonnambuli
di Hermann Broch
2010, Mimesis

A cura di Massimo Rizzante
Prefazione di Milan Kundera e postfazione di Carlos Fuentes
La trilogia romanzesca dei Sonnambuli, pubblicata fra il 1931 e il 1932 a Zurigo da Rhein-Verlag, si apre con il romanzo Pasenow o il romanticismo, cui seguono Esch o l'anarchia e Huguenau o il realismo. La storia di ogni romanzo si svolge quindici anni dopo quella del precedente: 1888, 1903 e 1918 (le date fanno parte del titolo). Sebbene i tre romanzi affrontino tre momenti cruciali della storia tedesca - l'inizio, l'apogeo e la fine dell'impero guglielmino - non si tratta in questo caso di un affresco storico alla maniera di Thomas Mann o di Proust. Non è una saga famigliare, né la vicenda biografica di un individuo. La Germania guglielmina è concepita da Broch come un laboratorio. L'unità dei tre romanzi è data non dalla continuità dell'azione, ma da una stessa domanda: che cos'è l'uomo di fronte al mondo inteso come un processo di "disgregazione dei valori"?


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Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo

Il commento definitivo
Poesie 1984-2008

di Jean-Jacques Viton
2009, Metauro

Traduzione e cura di Andrea Inglese
Postfazione di Nanni Balestrini
Jean-Jacques Viton (1933) vive a Marsiglia. Attivo sin dagli anni Sessanta, ha associato alla ricerca poetica un interesse per la teoria letteraria, l'esperienza della traduzione e la promozione di riviste militanti. È stato cofondatore di «Manteia» (1967-1974) e, con Liliane Giraudon, di «Banana Split» (1980-1990) e «La Nouvelle B.S.» (1990-2000). Attualmente è redattore di «Action Poétique» e codirige con Liliane Giraudon i laboratori di traduzione i Comptoirs de la Nouvelle B.S. e la rivista «IF». Nel corso degli anni, attraverso la pubblicazione di una quindicina di libri, Viton si è imposto in Francia come uno dei poeti più originali e punto di riferimento per le generazioni più giovani. Viton, sebbene si rivolga risolutamente alla realtà, non vi cerca grandi significati. Predilige l'attraversamento burlesco e anarchico degli eventi, tanto che l'esperienza quotidiana, anche quella più ovvia e banale, diventa terreno prediletto per un'esplorazione dei margini, dei resti, delle anomalie. I suoi libri sono contraddistinti da un forte elemento narrativo che ha il potere di svilupparsi in controtempo rispetto a qualsiasi storia individuale o collettiva. La sua poesia costituisce insomma una sorta di commento all'esistenza nella forma di un precipitato di elementi eterogenei che fanno esplodere ogni figura familiare e riconoscibile: una poesia come commento definitivo, che non sfrutta il gioco delle infinite spiegazioni, ma lascia per sempre nella mente del lettore la traccia immodificabile dell'urto del mondo.


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Giuseppe A. Borgese, Tempo di edificare

Tempo di edificare
di Giuseppe A. Borgese
2008, Università di Trento

A cura e con un saggio introduttivo di Massimo Rizzante
Tempo di edificare di G. A. Borgese è uno di quei libri di critica che tutti gli studiosi conoscono, che tutte le storie letterarie citano ampiamente, ma che nessuno legge. Dal 1923, data della sua prima edizione, pubblicata dalla casa editrice dei Fratelli Treves di Milano, non è mai più stato ristampato. Il destino di questo libro è simile a quello del suo autore: Borgese è uno dei grandi autori dimenticati del Novecento italiano. Eppure Tempo di edificare non era per Borgese meno importante di Rubè, la fortunata prova narrativa pubblicata nel 1921. Essi costituiscono i principali pilastri della sua volontà di edificare la nuova casa del romanzo italiano. Borgese è per «l'opera», mentre il suo tempo – siamo agli inizi degli anni '20 – non si è ancora liberato del tutto dal raffinato quanto sterile commercio con il frammento, con la notazione in margine, con la bella pagina, con una lirica crepuscolare e infantile. Invece di strutture progettate da architetti consumati ed erette in piena regola da squadre di muratori ben organizzate, il paesaggio letterario italiano, agli occhi dell'autore di Tempo di edificare, è ancora un succedersi di terrains vagues, di palazzi rasi al suolo, dove spuntano «torsi a serie» e «ruderi preventivi». Insomma, frammentisti, lirici, rondisti, critici dal respiro corto per i quali la stroncatura era diventata una seconda natura, tutti, sebbene abbiano avuto il merito di aver disgregato la «vecchia forma retorica», sono stati dei «pessimi costruttori», gente a cui – come Borgese afferma in Tempo di edificare – «dar vita a un personaggio pareva cosa stomachevole».


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AA.VV., La scoperta della poesia

La scoperta della poesia
AA.VV.
2008, Metauro

A cura di Massimo Rizzante e Carla Gubert
Il volume raccoglie i saggi di alcuni dei poeti italiani più originali della ultima generazioni. La maggior parte dei contributi è stata redatta in occasione di un ciclo di seminari che si è tenuto a Rovereto e a Trento nel corso del 2006/2007, a cui si sono aggiunte alcune voci essenziali che pur non avendo potuto partecipare agli incontri hanno voluto essere presenti nel volume con le loro riflessioni. L'obiettivo principale del ciclo sulla poesia è stato quello di riportare i contenuti poetici al centro dell'attenzione, introducendo gli insegnanti, gli studenti e i lettori all'interno dell'atelier degli autori. Per questa ragione si è pensato di invitare i poeti stessi, ovvero gli artigiani e artefici dei testi, a proporre letture e analisi in grado di riflettere il loro percorso e offrire alcuni ritratti del loro personale museo immaginario. Interventi di: Giuliano Mesa, Gabriele Frasca, Milo De Angelis, Franco Buffoni, Rosaria Lo Russo, Biagio Cepollaro, Andrea Inglese, Alessandro Fo, Massimo Rizzante.


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Le riviste dell’Europa letteraria
2008, Università degli Studi Trento

A cura di Carla Gubert e Massimo Rizzante
Il volume raccoglie gli atti del convegno internazionale sulle “Riviste dell’Europa letteraria” che, grazie anche all’importante appoggio organizzativo del Catalogo Informatico delle Riviste Culturali Europee (C.I.R.C.E.), si è tenuto a Trento alla fine del 1999. Si è trattato di un simposio unico nel suo genere: per la prima volta in Italia, critici e studiosi di valore internazionale si sono incontrati per analizzare il ruolo e la funzione esercitati nel corso del XX secolo dalle riviste letterarie in Europa. Ne è nato un dialogo cosmopolita, ricco di spunti interpretativi, che ha messo in luce figure, temi e rapporti intellettuali spesso ignorati dalle diverse storiografie nazionali. Questo a conferma e in sintonia con lo spirito di tutti i partecipanti alle giornate di studio. La rivista letteraria, infatti, è uno dei luoghi privilegiati e più rappresentativi che l’Europa moderna abbia inventato per poter accedere, al di là delle differenze storiche e politiche dei diversi paesi, ad una comune e democratica possibilità di pensare se stessa, i suoi valori, la sua cultura.
Sommario: Massimo Rizzante, Premessa; Lakis Proguidis, Un lettore, nient’altro che un lettore; François Livi, Tra avanguardia e classicismo. La letteratura italiana nelle riviste parigine all’inizio del ‘900; Elisabeth Galvan, Una rivista femminile controcorrente nel Terzo Reich: “Die Deutsche Kämpferin” (1933-1937); Alessandro Fambrini, Il marchio di Caino. Erich Mühsam e le riviste; Marina Vitale, Le riviste letterarie inglesi del primo Novecento tra insularismo e internazionalismo; Giuseppe Langella, Passaporto per “La Ronda”; Miguel Gallego Roca, Estetica ed etica delle riviste: “The Criterion” (1922-1939) e “Revista de Occidente” (1923-1936); Marina Camboni, “The Freewoman”-“The Egoist”. Trasformazioni di una rivista tra femminismo britannico e modernismo letterario angloamericano; Renato Barilli, Il “Verri” e le origini della neoavanguardia; Fabrizio Cambi, La rivista “Sinn und Form” e la mediazione culturale del redattore Peter Huchel; Gloria Manghetti, Appunti per l’europeismo solariano e oltre; Carla Gubert, Il ruolo di Nino Frank nella mediazione culturale tra Italia e Francia e il tentativo mancato di “Bifur”; Valeria Ferraro, Dalla “ lingua transmentale” alla “letteratura del fatto”: l’avanguardia russa tra “Lef” e “Novyj Lef”; Carla Locatelli, Gertrude Stein e “TRANSITION”: alterne vicende di una relazione modernista; Mauro Martini, Il disgelo in una rivista sola: il “Novyj mir” di Aleksandr Tvardovskij; Clara Rocha, “Orpheu”, “Portugal futurista”, “Contemporanea” e altre riviste fatte “espressamente per civilizzare la gente”; Serge Safran, Breve panorama delle riviste letterarie francesi dal 1970 ai giorni nostri.



Finzione e documento nel romanzo
2008, Università degli Studi Trento

A cura di Massimo Rizzante, Walter Nardon, Stefano Zangrando
Perché il «documento» concorre in misura sempre più invasiva nella creazione? Un tempo non molto lontano il romanzo inglobava il saggio. Oggi sembra avvenire il contrario: è il saggio che ingloba il romanzo. Ciò dipende dal fatto che la nostra percezione fantastica si sta sempre più indebolendo, o meglio, è sempre più oppressa e sterilizzata dalla percezione documentaria dei fatti e delle informazioni tanto che non riusciamo più a concepire un romanzo come un luogo ludico, una finzione? La serietà dei fatti ha vinto sulla non serietà dell'arte? È per questa ragione che gli scrittori oggi preferiscono quello che Salman Rushdie chiama il «saggio narrativo», quando non si dedicano con accanimento al reportage, all'inchiesta, al racconto di viaggio? Siamo poi davvero sicuri che un reportage, un racconto diretto dei fatti, ci dica di più sulla realtà di quanto possa fare un romanzo? Queste e altre domande si rincorrono e si richiamano nei testi qui raccolti, dando vita a un dialogo a distanza su uno dei temi fondamentali della creazione letteraria dei nostri anni, tema che è stato il fulcro del primo anno di attività del Seminario Internazionale sul Romanzo tenutosi presso il Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Filologici dell'Università degli Studi di Trento e che ha visto la partecipazione da novembre 2006 a maggio 2007 di alcuni tra i più importanti scrittori italiani ed europei, fra i quali, Eraldo Affinati, Gianni Celati, Antonio Moresco, Giacomo Sartori, Ornela Vorpsi, Božidar Stanišič e Ingo Schulze.

Tadeusz Różewicz, Le parole sgomente

Le parole sgomente
Poesie 1947-2004

di Tadeusz Różewicz
2007, Metauro

Traduzione e cura di Silvano De Fanti
Postfazione di Matthias Kneip
Tadeusz Różewicz (1921) È da sessant'anni testimone attivo del fluire delle vicende europee. Figlio di un Paese - la Polonia - e di una generazione che mai hanno cessato di rivendicare l'appartenenza alla grande tradizione umanistica, Różewicz cerca con i suoi versi, i suoi drammi e le sue prose un antidoto per superare i traumi della seconda guerra mondiale e dell'Olocausto, instaura un dialogo critico con le espressioni passate e contemporanee della poesia, dell'arte e della filosofia, vigila con ironia sugli eventi storici, sociali e politici. E mentre osserva il rinnovarsi della realtà, dà vita a una poetica e a una poesia la cui originalità lascia un'impronta profonda sull'intera letteratura polacca ed europea della seconda metà del XX secolo.


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America Latina. Dalle derive del realismo magico alla realtà del romanzo. Inediti, testimonianze, saggi
2007, Nuova Prosa n.46

A cura di Massimo Rizzante

Il numero raccoglie interventi di M. Gallego Roca, E. Paz Soldán, P. Palou, J. Volpi, R. Fresán, M. Rizzante, R. Bolaño, E. Vila-Matas, R. Piglia e S. Pitol
Ma c’è dell’altro. Alfonso Reyes... Il nome di questo saggista e scrittore messicano, cosmopolita e stilista raffinato, pressoché sconosciuto in Europa, ritorna spesso nelle pagine di Bolaño e Pitol. E nelle pagine di quasi tutti gli scrittori latinoamericani di valore. Era nato nel 1889 e morì nel 1959. Si racconta che qualche anno prima di morire, rischiando la bancarotta, abbia finalmente realizzato il suo sogno: abitare in una casa-biblioteca con più di ventimila volumi come silenziosi compagni di ventura. Pare tuttavia che il suo motto preferito sia sempre stato il goethiano: «Ricordati di vivere»! Alfonso Reyes affermava in tempi non troppo lontani che «L’America Latina giunge sempre in ritardo al banchetto della civiltà». Come è noto il ritardo storico, in arte, significa spesso essere in anticipo. In arte non esiste la nozione di progresso, che domina il sapere della scienza. Quel che continua ad accadere in America Latina ha smesso di avvenire in Europa: Pitol si richiama a Alfonso Reyes; Pedro Angel Palou si richiama a Pitol; Alfonso Reyes si richiama a Goethe; Gombrowicz, esule polacco in Argentina dal 1939 al 1963, si richiama a Rabelais; Ricardo Piglia si richiama a Gombrowicz; Bolaño si richiama a Gombrowicz, a Alfonso Reyes e afferma che bisogna «rileggere da capo Borges». Alfonso Reyes è l’altro Borges. Borges è l’anti-Gombrowicz. O meglio, Reyes, Borges e Gombrowicz continuano ad accadere nelle opere degli scrittori latinoamericani. A chi gli chiedeva notizie sulla sua nazionalità, Bolaño rispondeva di sentirsi europeo e latinoamericano. Io aggiungerei che oggi un autentico scrittore europeo dovrebbe sentirsi latinoamericano...

Massimo Rizzante



Baldus. Antologia completa 1990-1996
No Reply, 2007

a cura di Massimo Rizzante e Lello Voce
La rivista "Baldus" ha iniziato le sue pubblicazioni nel settembre del 1990, per iniziativa di una redazione formata da Mariano Bàino, Biagio Cepollaro e Lello Voce, creando vasta eco di dibattiti e polemiche spesso aspri, ma che hanno influenzato in modo visibile le vicende letterarie degli anni ’90 in Italia. Le pubblicazioni sono terminate nel dicembre 1996 dopo 10 numeri e dopo essere stata pubblicata da tre diversi editori, nell’ordine: Pellicani, Nuova Intrapresa, Edimedia. Art Director della rivista sono stati Gianni Sassi e - dopo la morte dell’indimenticabile manager culturale milanese - Andrea Pedrazzini. Pedrazzini ha inoltre personalmente illustrato la rivista a partire dal n. 3-4, anno IV, con una splendida serie di disegni che costituisce una delle attrazioni principali di questa riedizione. Della redazione di "Baldus", oltre ai fondatori, hanno poi fatto parte (in ordine di apparizione): Massimo Castoldi, Francesco Forlani, Antonio Paghi, Gian Paolo Renello, Massimo Rizzante, Gian Mario Villalta, Andrea Inglese.

Haroldo De Campos, L'educazione dei cinque sensi

L'educazione dei cinque sensi
di Haroldo De Campos
2005, Metauro

A cura di Lello Voce
Traduzione di Daniela Ferioli
Postfazione di Umberto Eco con un ricordo di Augusto De Campos
Prima antologia pubblicata in Italia dei testi poetici di Haroldo de Campos, uno dei protagonisti della poesia del secondo Novecento e tra i massimi esponenti della letteratura brasiliana. Questa raccolta, che contiene i testi che vanno dal 1949 al 2000, comprese alcune transcreazioni dantesche, colma dunque un vuoto sorprendente: essa mostra l'instancabile esplorazione, da parte del poeta, delle tradizioni e delle avanguardie di tutto il mondo, la sua finissima conoscenza di varie letterature e la sua capacità di comporre un tipo di poesia sospesa acrobaticamente tra eccesso barocco e geometrica essenzialità. Il libro è accompagnato da due brevi ricordi di Umberto Eco e Augusto de Campos, e da un saggio introduttivo di Lello Voce.


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Nuove scritture
2005, Nicolodi e Museo di Arte contemporanea di Trento e Rovereto

A cura di Roberto Antolini, Massimo Rizzante e Giorgio Zanchetti
L'ipotesi formulata in questo testo è che, anche per gli artisti "visivi", la scrittura non debba necessariamente essere un fine, ma uno strumento, un mezzo: mediato, composito, decontestualizzato, ma pur sempre un mezzo per l'evocazione di un significato. La scrittura, al pari dell'immagine, diviene metafora di un atteggiamento auto-analitico nei confronti del fare artistico. Il segno verbale non si propone come un oggetto autonomo, tautologicamente rivolto a se stesso, ma si qualifica come un elemento di un sistema significante, come fondamento di una convenzione che ha per origine e fine un passaggio di senso.

La scoperta del romanzo

La scoperta del romanzo
AA.VV.
2005, Metauro

A cura di Massimo Rizzante, Walter Nardon, Stefano Zangrando
I contributi di questo volume raccolgono gli interventi di un seminario tenutosi a Rovereto nel corso della primavera e dell'autunno del 2004. È stato concepito per dare la parola ad autori e studiosi, docenti e discenti al fine di instaurare un dialogo sul romanzo come forma di conoscenza. Questo dialogo ci sembra più che mai necessario. Oggi, infatti, il rischio è quello di ridurre ogni forma d'arte a un fenomeno decorativo, a un interessante passatempo per turisti in vacanza davanti alle rovine della Storia. Perché si pensò al romanzo? Soprattutto per questo: tutti noi chiediamo al romanzo di rivelarci il senso della vita. E da questa rivelazione ci attendiamo una scoperta. E tutti lo facciamo perché Ia vita umana si distingue in quanto sfugge irrimediabilmente alla riflessione. Quando viviamo siamo così impegnati a risolvere problemi, trovare soluzioni, evitare trabocchetti, che non vediamo la situazione in cui siamo. Quel che chiediamo allora è una vita allo stesso tempo vista e vissuta, una "realtà riflessa", una vita trasformata in tema da una riflessione immaginaria, il romanzo.

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Jean-Claude Michéa, L'insegnamento dell'ignoranza

L'insegnamento dell'ignoranza
di Jean-Claude Michéa
2005, Metauro

Traduzione di Francesco Forlani e Alessandra Mosca
L'autore, che insegna filosofia in un liceo di Montpellier, si pone alcune domande sulla scuola, di fronte alle continue lamentele sul fallimento del sistema scolastico in Europa e nel mondo e alla crescente ignoranza degli alunni di ogni ordine e grado. Con acume e franchezza, Michéa si chiede se, con i dispositivi pedagogici sempre più simili a quelli dell'intrattenimento e dello spettacolo, la scuola non miri tanto a sradicare le carenze dell'uomo, quanto a conseguire una radicale riduzione della sua intelligenza critica. In altre parole, il sistema scolastico è forse impegnato a distruggere la capacità di comprendere allo stesso tempo il mondo in cui gli è dato vivere e le condizioni per le quali la rivolta contro questo mondo diventa una necessità morale?

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AA.VV., Romanzo e Romanzesco

Romanzo e Romanzesco
di Y. Hersant, P. Roger, T. Pavel, L. Proguidis
2004, Metauro

A cura di Massimo Rizzante
Romanzo e romanzesco è un dibattito a quattro voci, tenutosi tra il 1996 e il 1997 sulle pagine di una delle più importanti riviste letterarie francesi, l'«Atelier du roman». Gli interventi, riuniti qui per la prima volta, incarnano diverse concezioni del romanzo, da quella estetica a quella antropologica, da quella storica a quella ontologica. Se per Yves Hersant, sulla scorta di Hermann Broch, il romanzo si oppone al Kitsch, per Philippe Roger, erede di Roland Barthes, il romanzesco rappresenta al contrario la pulsione del desiderio a superare i codici di un genere in estinzione. Thomas Pavel, volendo sfuggire ad ogni contrapposizione, sceglie invece la prospettiva storica, giungendo a scandagliare le radici del romanzo moderno fino alle Etiopiche di Eliodoro, mentre Lakis Proguidis, fedele ad una linea discontinuista, vede una rottura radicale tra il cosiddetto romanzo ellenistico e tutto ciò che viene dopo il Decamerone.

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Jan Skàcel, Il colore del silenzio

Il colore del silenzio
Poesie 1957-1989

di Jan Skácel
2004, Metauro

Traduzione e cura di Annalisa Cosentino
Postfazione di Jaroslaw Mikolajewski
Jan Skácel (1922-1989), uno dei maggiori poeti cechi del Novecento, trascorse gran parte della vita a Brno, in Moravia. Messo al bando dal regime cecoslovacco durante la "normalizzazione" degli anni Settanta, Skácel scelse l'esilio interno, continuando a scrivere poesie che circolavano nei circuiti clandestini e all'estero. Nel 1989, pochi mesi prima di morire, fu insignito del premio tedesco "Petrarca". Questa antologia, comprendente poesie in gran parte ancora inedite in italiano, è tratta dalle sue dodici esili raccolte di versi, pubblicate tra il 1957 e il 1989.

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Jurij Tynjanov, Kjuchlja

Kjuchlja
di Jurij Tynjanov
2004, Metauro

Traduzione e cura di Agnese Accattoli
Prima edizione italiana dell'esordio narrativo di Jurij Tynjanov, esponente del Formalismo russo già noto a livello internazionale, il romanzo Kjuchlja fu scritto nel 1925 per un pubblico di ragazzi. Nel tempo quest'opera ha ottenuto un successo eccezionale anche tra un pubblico di lettori esigenti ed è stato tradotto nelle principali lingue europee, restando tuttavia sconosciuto in Italia. Al centro la curiosa figura di Kjuchlja, poeta decabrista annoverato tra i minori dell'epoca di Puskin, la cui vicenda biografica rappresenta l'affascinante punto d'incontro tra mille personaggi e suggestioni della storia russa del primo Ottocento. Definito romanzo storico-letterario Kjuchlja si impone, però, come «unicum» all'interno della tradizione letteraria russa, un tentativo di trasporre in forma narrativa un'indagine sulla storia della letteratura, persino un'occasione per alludere alle avanguardie artistiche del primo Novecento.

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Danilo Kiš. Inediti, testimonianze, saggi
2004, Nuova Prosa n.40

A cura di Massimo Rizzante

Il numero raccoglie interventi di Danilo Kiš, Milan Kundera, Iosif Brodskij, David Albahari, Mirko Kovač, Guy Scarpetta, Vladimir Tasić, Walter Nardon, Stefano Zangrando, Alexandre Prstojević, Stanko Cerović, Massimo Rizzante
La grandezza artistica di Kiš è ancora quasi tutta da scoprire. Penso che ciò sia derivato da un certo isolamento dell’autore, cioè dalla sua particolare posizione politica quanto dal suo originale modernismo estetico. Può sembrare paradossale parlare di posizione politica per un romanziere che per l’intera vita ha condannato attraverso la sua opera tutte le oppressioni totalitaristiche (nazismo, stalinismo) che vogliono ridurre l’uomo alla sola dimensione di homo politicus. Solo che Kis, che non era né un dissidente né un rifugiato, ha emesso questa condanna in tempi in cui l’arte, sia a Occidente che a Oriente, veniva considerata come un’estrema appendice della politica. Kiš rivendicava la ricchezza e l’unità culturale della tradizione europea, la riflessione metafisica, la sensibilità di homo poeticus sia contro la scuola realista di Belgrado che contro l’engagement di Parigi. La sua “posizione” politica isolata derivava, dunque, dalla sua “posizione” estetica. Quanti potevano comprendere a Belgrado un autore cosmopolita che si rifaceva non solo a Rabelais e a Flaubert, ma anche alle grandi innovazioni formali dei teorici del formalismo russo e di Borges? E quanti intellettuali, nella Parigi degli anni ‘60 e ‘70, potevano comprendere questa “rarità etnografica” che citava come autorità della letteratura europea non solo Nabokov, Babel', Pil'niak, ma i suoi maestri jugoslavi, Andrić, Krleža, Crnjanski? L’originale e ambizioso progetto estetico di Kis di riconciliare, all’ombra del progenitore del romanzo moderno, Rabelais, l’anima balcanica con il senso della forma e del concreto della letteratura centroeuropea, non poteva trovare, dunque, né Est né a Ovest, l’attenzione che meritava. Ma penso che sia necessario aggiungere qualcos’altro se si vuole comprendere come la sua opera anche nel corso degli anni ‘80 e ‘90, in questa nostra epoca di apparente rielaborazione dei grandi lutti del secolo, non abbia avuto che pochi lettori.
A differenza della letteratura di testimonianza, a differenza di autori come Primo Levi o Solženicyn, Kiš è stato il solo, nella seconda metà del '900, che ha osato utilizzare gli strumenti formali più sofisticati - straniamento, costruzione rallentata e polifonica della narrazione, ricostruzione fittizia di documenti storici - per sottopporre all’esame romanzesco i drammi cruciali del secolo, i Lager nazisti e i Gulag staliniani, Auschwitz come la Kolyma. E’ stato il più moderno dei romanzieri che ha esplorato il mondo più refrattario alla memoria storica: un mondo di milioni di esseri la cui esistenza non è stata altro che una marcia silenziosa verso il nulla. Ma non è tutto. “Colui che afferma che la Kolyma è qualcos’altro da Auschwitz, mandalo al diavolo”, consigliava Kiš a un giovane scrittore. Non intendeva porre un segno di uguglianza storica e politica tra i due eventi. Da romanziere ci rivelava una possibilità esistenziale: da quell’identica sparizione di corpi senza tomba l’uomo d’ora in avanti potrà essere trattato come un anonimo rifiuto biologico, ridotto a puro zoon, privato di ogni dimensione politica e poetica. A noi, uomini politici e poetici, di verificare se questa ipotesi appartiene solo al campo della “realtà non reale” che per Kiš è la letteratura.

Kvetoslav Chvatik

Il mondo romanzesco di Milan Kundera
di Květoslav Chvatík
2003, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche dell'Università di Trento

Traduzione di Stefano Zangrando con postfazione di Massimo Rizzante e inediti di Milan Kundera
Chvatík, saggista di origine ceca e émigré di fama nei paesi di lingua tedesca, analizzando con chiarezza e profondità la struttura dei romanzi kunderiani, ne descrive sistematicamente la genesi con l'aiuto di fatti e testi inediti. I lettori, anche quelli più fedeli a questo mondo romanzesco, avranno modo di scoprire qui molti aspetti inesplorati, entrando così in contatto con l'atelier dell'autore, con i suoi temi e maestri. Avranno inoltre la possibilità, attraverso lo sguardo liberatore che l'analisi di Chvatík getta sulla ricezione dei romanzi, di smascherare diversi malintesi ideologici e critici che hanno ridotto e continuano a ridurre la comprensione e la portata storica dell'opera dell'autore dello Scherzo. In questa che è la prima monografia che si pubblica in Italia sull'opera di Milan Kundera, Chvatík si dimostra in grado di rinnovare il piacere della critica senza per questo rinunciare alla sfida teorica ed estetica che fu dei suoi .maestri strutturalisti. Il suo è un gesto di sovrana inattualità e di grande fiducia nell'arte del romanzo.

Milan Kundera, Riga 20

Milan Kundera
2002, Marcos y Marcos

A cura di Massimo Rizzante
Per moltissimi lettori Milan Kundera è soprattutto l'autore dello Scherzo e dell'Insostenibile leggerezza dell'essere che, al di là del loro successo, hanno segnato delle tappe fondamentali per la storia del romanzo della seconda metà del XX secolo. L'intera opera romanzesca di Kundera è tuttavia inseparabile dalla sua riflessione sui Tempi Moderni e sull'Europa, temi che si rincorrono con infinite variazioni nelle pagine dei due saggi, L'arte del romanzo e I testamenti traditi, e che vengono qui (soprattutto nella Prima e Seconda parte, intitolate rispettivamente Situazione e Amori, ma anche negli interventi di poetica e nei brevi dialoghi della Terza parte) ulteriormente approfonditi e modulati dall'autore attraverso un'ampia scelta di testi editi in libri, giornali, riviste, plaquettes per bibliofili, cataloghi (per lo più sconosciuti al pubblico italiano) o totalmente inediti.

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Guido Piovene. Tra realtà e visione.
Atti della Giornata di studi

2002, Università degli Studi Trento

A cura di Massimo Rizzante
A quasi trent’anni dalla sua morte, Guido Piovene è ancora un autore che affascina. Non solo per i molteplici registri della sua attività di scrittore, saggista e giornalista, ma anche perché egli è stato, lungo un periodo che va dagli anni del ventennio fascista alla metà degli anni Settanta, un testimone eccentrico e al contempo un protagonista esemplare di tensioni morali e contraddizioni storiche di un intero paese. Con i suoi romanzi, da Lettere di una novizia a Le Furie, fino agli esiti sconsolati di Le stelle fredde e di Verità e menzogna, e con i suoi saggi e reportages di viaggio, lo scrittore ha sempre saputo guardare con occhi attenti il suo tempo, anche a costo di mettere a nudo e scontare pubblicamente i propri errori. Il presente volume, che raccoglie gli interventi di alcune delle voci più autorevoli dell’attuale interpretazione critica, è un’importante occasione di rilettura dell’opera di Piovene e un bilancio, alla luce delle più recenti pubblicazioni, della sua influenza letteraria e culturale su molti aspetti della nostra realtà contemporanea. Sommario: Massimo Rizzante, Un ricordo improbabile; Luciano Simonelli, Il messaggio di Guido Piovene; Simona Mazzer, Biografia e letteratura in Piovene; Monica Giachino, Versi giovanili di Guido Piovene; Paola Mazzucchelli, “Il ragazzo di buona famiglia”, prova generale della narrativa di Guido Piovene; Clelia Martignoni, Per un profilo di Piovene narratore; Ricciarda Ricorda, Guido Piovene tra narrativa e saggistica; Ilaria Crotti, “De America”: la visione rifratta; Mauro Martini, “Mon nom est Fedor Dostoevskij”.

Ernesto Calzavara

Rio terrà dei pensieri
di Ernesto Calzavara
1996, Scheiwiller - All'Insegna del Pesce d'Oro

a cura di Massimo Rizzante con una prefazione di Cesare Segre
La scommessa di Ernesto Calzavara è stata quella di mantenere l'immediatezza e la creaturalità connaturate al dialetto mettendole però a contatto e in contrasto con immagini e riflessioni attinenti l'attualità nei suoi vari aspetti. Si tratta di una scommessa vinta, come attestano le poesie più belle di Calzavare, tra cui anche quelle raccolte in questo volume. Poeta colto, Calzavara è stato stimolato dai suggerimenti dei poeti moderni e contemporanei, oltre che da quelli della teoria letteraria. Basti pensare alla scomposizione fonica delle parole; al gusto del plurilinguismo, che mescola al dialetto non solo l'italiano, ma anche altri dialetti o lingue, dal latino all'inglese; alla consapevolezza dell'inconscio; al piacere della "carnevalizzazione". La continua sperimentazione, proprio perché parte da una forma espressiva particolarmente intima e vibrante, come il dialetto, acquisisce spazi forse prima impensabili.
Cesare Segre

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